Dopo la laurea, mi trovavo a un bivio: tornare dai miei genitori (immaginate la voglia che avevo di tornare a vivere con loro... zero!) o cercare lavoro a Roma. Sfogliavo Porta Portese due volte a settimana, evidenziando le offerte di lavoro papabili, ma c'erano solo proposte per venditori e agenti a provvigione.
I soldi che avevo messo da parte con i regali di laurea stavano per finire. Iniziai con il volantinaggio (9.000 lire al giorno), poi un'amica mi passò il suo lavoro di babysitter. Feci anche la cameriera in un pub di via Cola di Rienzo, ma dopo la prima serata capii che non faceva per me: 50.000 lire per lavorare dalle 20:30 fino a mezzanotte, tra il fumo delle sigarette e il vociare dei clienti.
Provai con il telemarketing per Infostrada. Era un lavoro che mi permetteva di pagare l’affitto della casa che avevo trovato insieme ad un’altra studentessa di psicologia e al suo fidanzato. Furono anni molto importanti durante i quali consolidai l’amicizia con Donatella.
Lavoravo su turni in una stanza piccola e rumorosa, dove le voci si accavallavano creando un rumore molto fastidioso. Tornavo la sera a casa stanchissima, sul 90 express mi rincantucciavo sul sedile cercando di riprendere un po’ di fiato. Col passare dei giorni entrai nel mondo delle vendite telefoniche, riuscivo a portare a conclusione a volte anche cinque abbonamenti e a fine mese guadagnavo abbastanza per pagare l’affitto, le utenze e anche per la spesa condivisa con i miei coinquilini. La sera cenavamo insieme raccontandoci la giornata, eravamo affiatati e ormai amici.
Un giorno ricevetti una chiamata misteriosa per un colloquio a Firenze. La signora al telefono fu molto vaga, ma mi offrirono il rimborso per una notte in albergo. Presi un Intercity che arrivava alle 18:30 e, curiosa di vedere per la prima volta Firenze. La sera consumai velocemente la cena in un ristorante vicino all'hotel, imbarazzata nel mangiare da sola - negli anni a venire, per lavoro, avrei superato anche questa paura.
La notte prima del colloquio la passai insonne, un po' per la tensione, un po' per l'eccitazione. Il colloquio era alle nove del mattino, proprio dietro l'hotel. Arrivai per prima e venni fatta accomodare in una grande sala rotonda. Man mano arrivarono altre persone e iniziammo a chiacchierare, facendo ipotesi sull'azienda misteriosa.
Alle 9:30 in punto arrivarono tre persone che ci spiegarono che avremmo dovuto formare gruppi di tre e simulare la vendita di un aspirapolvere. Per la prima volta sperimentai la competizione nel mondo del lavoro. Mi proposi per fare la venditrice, mentre un'altra ragazza interpretava la probabile cliente. Contrariamente agli accordi, lei cominciò a mettermi in difficoltà. Cercai di cavarmela proponendole una vendita rateale dell'aspirapolvere, ma dopo 45 minuti ci fermarono.
Tornai in albergo un po' infastidita e delusa. Una settimana dopo, la stessa signora mi chiamò per dirmi che, purtroppo, non mi avevano selezionata. Chiesi timidamente il nome della misteriosa azienda: stavano selezionando agenti per Findomestic. E la delusione si trasformò in sollievo.
Nel frattempo, la mia vita sentimentale subiva scossoni. Dopo la laurea il mio fidanzato era rimasto alla casa dello studente, veniva a cena nel fine settimana ma la storia non resistette alla lontananza e dopo due mesi mi annunciò che voleva prendersi un periodo di pausa per riflettere. Per me fu un vero secchio di acqua gelata, era la prima fine di una relazione. Nel suo girovagare serale aveva conosciuto un’altra ragazza e si erano messi insieme. Che potevo fare? Accettare, tra pianti e nottate insonni. Grazie alle lunghe chiacchierate con la mia amica Donatella, riuscii ad elaborare la mia prima rottura. Negli anni successivi ce ne sarebbero state di altrettanto dolorose, ma necessarie per capire cosa volevo – o meglio, cosa non volevo – da un compagno.
Tornando alla vita professionale, volevo di più e così decisi di iniziare il tirocinio per accedere all’esame di abilitazione come commercialista. Ero consapevole che a Roma non sarebbe stato facile: non avevo conoscenze per costruirmi una buona clientela, ma volevo provare.
Il mio primo dominus fu Andrea, un commercialista che aveva ereditato lo studio dal padre. Era in zona Prati, e già al primo colloquio il mio sesto senso mi diceva di scappare a gambe levate…c'era odore di naftalina nell'aria. Ma avevo bisogno di lavorare ed era solo il primo colloquio, quindi accettai.
Andavo di pomeriggio, dalle 15:00 alle 18:30, tornando a casa distrutta dal lavoro e dal traffico. Dopo sei mesi di tirocinio non è che avessi imparato un granché, ero sempre a registrare le fatture degli agenti di commercio. Solo dopo la mia insistenza mi concesse di dedicarmi alla contabilità di una Srl. All’epoca c'era ancora la vidimazione dei libri societari all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, dove mi mandava di continuo per risolvere beghe, dicendomi che i funzionari, nel vedere una donna, sarebbero stati più clementi.
Nello studio le luci erano sempre spente per risparmiare. Mi sentivo come la gocciolina della pubblicità di un'acqua minerale, al buio e da sola.
Dopo solo sei mesi di pratica non mi sentivo più a mio agio lì, il gioco non valeva la candela: avevo bisogno di più soldi e confrontarmi con realtà societarie più complesse. Iniziai di nuovo a cercare un’alternativa, trovai uno studio più grande vicino Trastevere. Ottenni il lavoro dopo il primo colloquio, non avevo avuto dubbi nell'accettare: si trovava in una bella villetta su tre piani, c’era persino la segretaria, quindi non avrei dovuto rispondere al telefono e aprire la porta, avrei avuto una stanza singola per lavorare in tranquillità e una decina di clienti (una spa, tre professionisti ed una Srl). Passai la notte insonne rimuginando su come comunicare la notizia ad Andrea, mi sentivo una traditrice.
Il giorno dopo mi feci coraggio e glielo dissi, si fece scuro in viso e con voce tremante mi rispose che non si aspettava una simile notizia, che per lui io ero una brava tirocinante e gli dispiaceva lasciarmi andare. Concordammo che sarei rimasta finché lui non avesse trovato un’altra tirocinante a cui avrei fatto io stessa il passaggio di consegne. La settima dopo, finalmente ci fu il primo colloquio. Con Elena ci fu subito simpatia e sintonia, io con il mio humor inglese la facevo sbellicare dal ridere; ci chiudevamo in sala riunione per le spiegazioni sul programma contabile, lei era molto sveglia e apprese velocemente i rudimenti della mia scarsa esperienza contabile. Tempo una settimana lei era pronta e io andai via a malincuore; non essere più sola aveva fatto rimpicciolire il mio scontento, ma ormai avevo accettato la proposta del nuovo studio. Sono sempre stata di parola, il mio babbo mi ha trasmesso questo valore e ne vado fiera.
Iniziai con emozione e ricordo chiaramente il mio primo giorno, quando una ragioniera mi spiegò il funzionamento del programma contabile. Ero entusiasta di poter seguire personalmente e in autonomia i clienti: mi impegnavo come sempre al massimo fino a tardi. Prendevo l’autobus per tornare a casa alla stazione Termini piena di persone che facevano come me tardi al lavoro. Nel nuovo studio mi trovavo bene e avevo fatto amicizia con una giovane commercialista. Il tempo volò e giunse il momento di fare l’esame di abilitazione, mi diedero tre mesi di pausa per permettermi di studiare.
A Roma era giunto giugno, il caldo era insopportabile. L’argomento dell’esame di abilitazione era immane e l’avevo ribattezzato “brevi cenni sull’universo”. Mi ci buttai a capofitto.
In quel periodo assumevo un antidepressivo per sostenere il lavoro di psicoterapia; dopo i primi anni lontana da casa, il mio corpo iniziava a dare segni di ribellione. Pertanto, complice la mia amica Donatella, psicoterapeuta, avevo deciso di iniziare la psicoterapia. Ero arrivata a quel punto in cui si tocca il nocciolo del malessere e il dolore è così forte che le lacrime sgorgano a secchiate. Ero però decisa ad andare a fondo di me stessa con l’analisi ed avevo accolto il suggerimento di iniziare anche una terapia farmacologia a supporto, quindi assumevo un leggero sonnifero. Inoltre, dovendo studiare per l’esame di stato non potevo permettermi di passare tutte le notti in bianco.
Oggi, 20 giugno,ricordo il compleanno del mio primo nipote, Nicholas, figlio della mia sorella minore;
e la laurea della mia seconda nipote, Elda, figlia di mio fratello maggiore; un bel traguardo per lei e un grande orgoglio per me, che sono stata la seconda donna a prendere una laurea e a trasfermi a Roma per gli studi da un paesino di poche anime, le ho fatto da apripista e da modello;
condivido anche la possibilità che abbiamo di poterci esprimere, in un momento globale di grande fermento politico.
Negli anni passati( nel 2013 e nel 2015) sono stata in vacanza per due settimane in Iran, l'antica Persia, con mio marito e li ho potuto constatare di persona la grande manipolazione delle informazioni che ci vengono comunicate, creando un clima di paura; il mio, vuole essere un invito a ragionare con la nostra testa e a verificare le informazioni che riceviamo; in Iran ho trovato una realtà molto diversa dall'immaginario comune,come donna mi sono sentita più al sicuro in Iran che alla stazione Tiburtina di Roma in pieno giorno, essendo una turista mi sono adeguata ai loro usi, ed ho coperto la testa con un foulard, camminando in mezzo a donne con i capelli sciolti e con il foulard appoggiato sull'acconciatura, su un viso truccato esageratamente e un abbigliamento occidentale vi racconterò presto di questo viaggio tra i più belli che io abbia fatto negli anni scorsi.